martedì 21 gennaio 2014

ANCORA SUL FUNZIONAMENTO DELLA NOSTRA CENTRALE OPERATIVA di Pier Luigi Lando

Per quanto possa apparire assurdo, in questo momento storico  stiamo ancora interagendo con interlocutori senza un minimo di conoscenze essenziali sul funzionamento della propria e altrui centrale operativa.         
            Queste conoscenze, che dovrebbero essere note da chiunque sia fornito di un cervello umano e abbia a che fare con altri simili, sono state talmente appesantite da addetti professionalmente ai lavori, che la stragrande maggioranza degli umani ha rinunciato a priori ad interessarsene.           
            Pertanto riprovo ancora una volta ad esporre alcuni elementi sollecitatemi da qualche raro interlocutore.
            Come ogni altra funzione, anche quella del nostro apparato neuro-psichico avviene a spese di energia che è di natura elettrica, che viene prodotta mediante una complessa cooperazione di strutture specializzate come organi (dell’apparato respiratorio fornitore del comburente, l’ossigeno; di quello digerente fornitore di sostanze combustibili; grazie al fegato fornitore del principale combustibile, il glucosio a sua volta metabolizzato dal pancreas). Vie nervose che, come cavi elettrici, conducono stimoli dalla centrale alla periferia e da questa alla centrale. Mentre complessi sistemi enzimatici catalizzano le diverse reazioni bio-chimiche appunto per la produzione di energia.
            Sempre con la cooperazione di quanto appena accennato, essa si trasforma in energia calorica, motoria ecc.: così come in casa, inserendo in una presa di corrente collegata con un apparecchio si ottiene un determinato effetto a seconda della natura di tale apparecchio (radio, frullatore ecc.), analogamente avviene per i diversi organi specializzati per specifiche funzioni, secondo le direttive delle relative informazioni genetiche.
            Per quel che riguarda la nostra centrale operativa, può giovare considerarla nei suoi tre livelli di organizzazione che, nell’evoluzione filogenetica, mentre si è arricchita quantitativamente e qualitativamente fino a rendere possibile il livello di Homo sapiens sapiens, tuttavia, per quel che concerne il livello filogeneticamente più antico, è rimasta essenzialmente anche per la nostra specie, più o meno quella delle specie animali, dai grandi rettili in su.
            Questo livello, detto “cervello da rettile (P. MacLean) assicura, oltre alla sopravvivenza individuale biologica, quella delle relazioni in seno al branco: quindi anche la lotta per la posizione gerarchica nel branco (per la nostra specie potrebbe essere la prima molla per il potere, l’egemonia ecc.).
            Come già detto nel precedente articolo (su: movimentosalvemini.blogspot.it), per il suo funzionamento e connesso processo di mielinizzazione, provvede Madre Natura, ossia  il  genoma con le sue informazioni. Tale processo pare avvenga secondo un principio di priorità, a  sua volta in rapporto al grado di importanza ai fini della sopravvivenza. Ragion  per cui, ad esempio, la funzione del ciucciare  si sviluppa già tra il secondo e il terzo mese della vita intrauterina, in modo che già alla nascita il  neonato abbia ben assicurata questa essenziale funzione.
            Posto che  l’entrata in funzione di ogni struttura neuronale presuppone la sua mielinizzazione, per quel che concerne la corteccia cerebrale, le cui funzioni si attuano anche nella altre specie, pare che per la nostra, entrino naturalmente in funzione quelle aree che giovano alla messa in atto dei modelli comportamentali di base proprie del primo livello. Insomma, naturalmente, sussisterebbe un specie di egemonia di questo livello fintanto che, mediante appropriate prestazioni parentali, non si sviluppino strutture proprie del livello umano (lobi orbito-frontali), ossia fino a che non sia bene avviato il processo di umanizzazione.
            Siccome:  per l’attuazione di alcuni modelli comportamentali di base, proprie del cervello rettiliano si richiedono strutture della corteccia, come quelle delle aree senso-motorie; la territorialità, che nelle altre specie si limita al territorio propriamente detto (ossia a quello fisico), mentre nella nostra si manifesta, oltre che come sciovinismo, anche in  modo simbolizzato (come area o campo di competenza burocratica, scientifica, professionale in genere e, forse, anche  come privacy), viene da chiedersi se  ciò non avviene ad opera del cervello da rettile: non solo. Ma in che modo questa presunta egemonia di questo livello di organizzazione cerebrale cederà il passo ai lobi orbito fontali per la loro funzione di cervello immaginante-creativo (Henri Laborit)? In che percentuale ciò si è verificato e si verifica nella nostra collettività?
I metodi correnti di allevamento dei nostri cuccioli non appaiono ancora tali da assicurare lo sviluppo e la maturazione neuronale tale per avere una qualità di vita e di convivenza così come sarebbe auspicabile e che per tanti appare scontata. Appare in  progresso la consapevolezza che  risultano funzionali  per interessi di  mercato, forse meno che sono più o meno consapevolmente finalizzati per tenere a bada  i piccoli, secondo  proprie esigenze.
Di particolare interesse è quel che è stato evidenziato dalla Scuola di MacLean: ciascuno dei tre livelli di organizzazione cerebrale ha un proprio linguaggio, con un proprio codice sia per qual che riguarda la ricezione di stimoli  e messaggi, sia per quel che riguarda la risposta.
            Così per il cervello da rettile è. il linguaggio verbale convenzionale, è incomprensibile: potrà cogliere l’espressione del viso, lo sguardo, tutto ciò che fa parte del linguaggio del corpo:  essenzialmente quello del corpo. Pertanto recepisce stimoli chiave (per es. caratteristiche proprie di un cucciolo o di tipo erotico) e risponde automaticamente secondo uno dei modelli comportamentali di base, quale può essere tenerezza e cure parentali o attivazione di tutto ciò che determina l’attrazione e i rapporti erotici
            Si ricorda che la Scuola di MacLean ha individuato ben 24 modelli comportamentali di base.
            Il linguaggio delle strutture che fanno parte del secondo livello, o cervello da mammut è di natura prevalentemente emotiva.
            Tutto ciò che riguarda i comportamenti di cui siamo consapevoli viene governato dalla corteccia, mentre, come già accennato, le funzioni più evolute dai lobi orbito-frontali o cervello immaginante-creativo.
            Il rilievo, specialmente da parte di docenti, riguardante la carente comprensione di testi scritti da parte di tanti studenti, potrebbe dipendere,  a sua volta, da carenze parentali come quelle sopra accennate, atte a promuovere i processi maturativi dei livelli di organizzazione  cerebrale oltre quello  rettiliano.
            Ovviamente, anche da questo punto di vista,  si può presentare tutta una gamma di condizioni, ulteriormente aggravata da quegli espedienti, spra accennatti, adottati come “educativi”.
            Si ribadisce ancora l’assunto (perciò tutto da dimostrare) che il cervello umano  è geneticamente programmato per la lotta  e per l’autoaffermazione, non solo: per la carenza di sviluppo, di strutture umanizzanti, non vengono recepiti appelli etici, richiami al senso di responsabilità … perfino una  madre, non solo potrà non provare tenerezza per  la sua creatura appena nata; ma, addirittura  ostilità (già in precedenti articoli attribuii i motivi al fatto che potranno prendere il sopravvento risentimenti repressi nei confronti di  chi le aveva sottratto cure parentali e che vengono trasferiti sul/(la) figlio/a).

POSTULATI:

            Se l’entrata in funzione di ogni struttura neuronale procede di pari passo con il processo della  mielinizzazione, la constatazione che l’attività del “ciucciare”  è essenziale per la sopravvivenza del più a lungo incompetente tra i cuccioli, quello d’uomo, può significare che le informazioni genetiche attivino le diverse funzioni secondo un principio di priorità.
            Una sommaria verifica dei comportamenti che appaiono predominanti nel nostro contesto  sociale  rende l’impressione che  essi  rientrino tra quelli  facenti parte dei 24 modelli comportamentali di base individuati dalla Scuola di Paul MacLean, ossia  del livello di organizzazione cerebrale che abbiamo in comune con altre specie (V. teoria del cervello uno e trino, in particolare: cervello da rettile).
            Siccome per  la messa in atto di tali modelli comportamentali  occorrono strutture di livelli più evoluti, quali le aree senso motorie e  alcune del linguaggio convenzionale, si  presuppone che  ciò avvenga con una specie di  egemonico coinvolgimento ad opera del cervello rettiliano che potrà rimanere nel ruolo di  regista  a tempo indeterminato.

Ricadute sul mondo del lavoro

             La progressiva meccanizzazione che sostituisce sempre più il lavoro bracciantile e operaio e le più  avanzate esigenze  di prestazioni qualificate anche nell’agricoltura e nel terziario finiscono per accrescere anche il triste fenomeno della disoccupazione, anche perché divengono sempre più difficilmente occupabili soggetti meno dotati e meno qualificati che tradizionalmente lavoravano in settori che in passato avevano minori esigenze.
            Pertanto sempre più i demografi dovrebbero  attenersi alla qualità delle condizioni di vita ed educative delle future generazioni e  puntare di meno sulla natalità con criteri quantitativi, numerici.  


Ricadute  a livello socio politico

            Siccome  la predominanza del livello rettiliano limita la comunicazione al linguaggio del corpo (gestualità, tono della voce ecc.), tra i rischi più temibili che si corrono vi è quello che una popolazione di elettori possa  rimanere fortemente influenzata da  chi “Un Marcel diventa”...  “ogni villan che parteggiando viene”, recependo messaggi dal tono della voce, dalla gestualità ecc..


Ripercussioni sul piano etico

            Sia pur vedendo uno di tanti documentari televisivi sulla vita animale, si  potrà constatare come  nelle specie che ci precedono nella scala filogenetica sussistano comportamenti che, se  attuati da noi, sarebbero  stigmatizzati come immorali o addirittura criminali: comportamenti predatori, agguati mortali, alleanze finalizzate alla cattura anche di cuccioli ben protetti dai resto del branco. Perfino da parte di insetti, come le formiche, avvengono rapimenti e riduzione in stato di schiavitù per prestazione di lavori forzati ecc.
            Questi ed altri comportamenti  censurabili e censurati anche penalmente nella specie umana sono possibili perché nel primo livello di organizzazione anche del nostro cervello sono attivabili modelli comportamentali di base tesi ad assicurare non solo la sopravvivenza individuale e  l’ottenimento di un rango  più vantaggioso, bensì pure  un’affermazione ottimale della specie.
            Grazie (nella fattispecie purtroppo) all’arricchimento strutturale e, quindi funzionale del cervello umano, gli vengono consentite ulteriori, quantitativamente e qualitativamente, prestazioni anche  sul versante più eticamente negativo: quanto per  indicarne una qualità  propriamente umana, la perfidia (malvagità e chi più ne ha più ne metta!).
            Ma ancora di più, per i peggiori comportamenti umani, sono responsabili gli espedienti (erroneamente ritenuti educativi) con i quali, di solito in buon fede,  si  allevano i  figli, in fondo,   rispondenti di più a esigenze di chi li accudisce.   
            Strumenti di tortura conservati nei musei ci rendono un’idea della spietatezza  delle “umane belve” (Ugo Foscolo) sin dai primi albori della nostra specie.   
  (Questo articolo, invece, è  di  qualche tempo fa, già uscito sul periodico del Mov. Salvemini) 

 “EVVIVA IL POPOLO CHE APPLAUDISCE TUTTE LE COSE CHE NON CAPISCE”

            Questo che era il ritornello della sigla di una trasmissione dell’immediato dopoguerra si può considerare ancora  un handicap per una democrazia composta da cittadini, sufficientemente maturi, adulti non solo per l’anagrafe, bensì capaci di ragionare con la propria testa, di valutare in modo  soddisfacentemente autonomo la situazione politica.
            Sia pure con il senno di poi, basti pensare a come si è risposto al referendum , oltre che a  quello della Monarchia/Repubblica ad altri più recenti, quali la  eliminazione del Ministero dell’Agricoltura e (indipendentemente dal fatto se sia ancora opportuno o no costruire centrali nucleari) al referendum per rinunciare all’uso dell’energia atomica dietro l’onda emotiva dell’incidente della centrale atomica di Chernobyl.
            In effetti molte delle decisioni referendarie o plebiscitarie sono avvenute e avvengono tuttora sotto la suggestione di eventi contingenti carichi di emotività amplificate dai mass media.
            Purtroppo ogni tipo di leader è dotato di eccezionale potere suggestivo, nel senso che sa toccare le corde dell’animo (della pancia) e le “suona” a suo piacimento in modo da ottenere quel consenso popolare di cui anche i despoti sentono il bisogno. Si pensi a quanti leader militaristi riuscirono a trascinare in sanguinosi scontri intere generazioni di giovani..
            Quando un leader ricorre al populismo, può risultare pericoloso anche sul piano politico, la democrazia stessa corre gravi pericoli
            Alla base di tutto c’è la carente maturità dei  livelli  di organizzazione cerebrale ( come già  detto a proposito del processo di mielinizzazione. Sotto questo profilo l’argomento è stato affrontato da autori come Eric Fromm e Winnicot.) e l’analfabetismo politico dei cittadini (N.B:  anche su questo argomento è stato pubblicato un articolo sul periodico del M. Salvemini-… riporto in calce  una testimonianza  da una delle tante mail inviate sull’attuale situazione politica…),
            Fatto sta che un rapporto direttivo, mentre offre una specie di corazza (carapace) protettiva, deresponsabilizza, ma il senso di sicurezza è affidato alla durata del rapporto del dipendente con il tutore: dura finché dura!
            Un “metodo educativo” improntato alla direttività che non lasci sufficiente spazio alle potenzialità autoregolatrici dell’educando costituisce un pregiudizievole impedimento alla crescita della persona, che rimane dipendente da chi detiene il potere, da chi concepisce l’opera educativa come esercizio di potere e non di servizio, mentre una pedagogia illuminata da appropriate conoscenze e adeguate attitudini rappresenterebbe la via che favorirebbe lo sviluppo di ogni cittadino capace di far parte di una vera democrazia.

PER PREVENIRE VECCHI ERRORI DA ANALFABETISMO POLITICO

TESTIMONIANZA

            Ero adolescente quando, nel dopo guerra, si guardava con speranza il nascere della “democrazia”, si applaudivano i nuovi politici nella certezza  che, a guidarli, sarebbero stati i principi evangelici di eguaglianza, solidarietà, giustizia…Purtroppo, salvo i primi anni di governo, dove realmente la necessità della ricostruzione era al primo posto, col crescere del benessere anche le problematiche  personali hanno preso il sopravvento. E le conseguenze della “mala-educazione politica” (situazioni di inferiorità penosamente subite sin dai primi anni di vita che, per un meccanismo ancora di coazione, spingeranno, per rivalsa, ad appropriarsi ad ogni costo di posizioni di potere), si sono palesate sempre più, fino a sfociare, ai nostri giorni, nei fenomeni di mal costume, corruzione, mal affare così diffuso e dilagante che ci sommergono. Cogliendo questo momento di transizione fino alle prossime elezioni, sarebbe auspicabile che i mass-media aiutino la popolazione a prendere coscienza di questa realtà (che, permanendo le conseguenze di atavici errori “educativi”,  non cambierà solo con la elezione di nuove figure), che solo potrà mutare con la creazione di “gruppi di cambiamento sociale” orientati da esperti del settore e rivolti in primis a coloro che aspirano a far politica, ma che poi siano estesi alla popolazione tutta.

            Sarà perché atteggiamenti e comportamenti di  una considerevole percentuale della popolazione provenivano dal cervello rettiliano che  il filosofo-poeta  recanatese lamentava che la sorte l’aveva “dannato a consumar l’età verde in questo natio bordo selvaggio, intra una gente zotica, villana…” e l’autore della Chimica in Versi, Alberto Cavaliere , altrettanto  ironico filosofo, aveva preso spunto dal  brano dedicato al sodio (cloruro) per  rendere un’immagine della popolazione da lui osservata, così: “ lo vende libero, lo vende in pacchi il più recondito sale e tabacchi (eppure spiegami simili arcani)  manca in moltissimi cervelli umani”.
            La situazione attuale è  soddisfacentemente diversa?
            Se i metodi  tradizionali ritenuti educativi continuano a informare le nuove generazioni  con metodi (più precisamente, ancora, espedienti) che  non siano  appropriatamente illuminate da quanto potrebbero attuali conoscenze,  in particolare in materia di  psicopedagogia, varrà ancora la sentenza di Albert Einstein: “«Follia è fare sempre la stessa cosa aspettandosi risultati diversi».
            Rischieremmo di inseguire chimere ideologiche aspettandoci che cambiando l’ordine e anche i fattori (ossia leader) si ottenga un nuovo corso della nostra storia.           

Per la maturazione delle  strutture cerebrali (che vanno di pari passo con  il processo di mielinizzazione),  gioca un ruolo  essenziale  il corpo della mamma, poiché tali strutture maturano grazie a specifici neurormoni la cui secrezione dipende  dalla condizione bioenergetica dell'organismo materno. Questo, a sua volta,  sarà stato, a  suo tempo,  dotato di  un soddisfacente tasso di ossitocina e altrettanto salutare  economia-bioenergetica.
Così la madre  sarà in grado di attivare il sistema endorfinico ed altri neurormoni che gioveranno per  la maturazione di tutto il sistema nervoso, mentre il figlio sarà in grado di usufruire di  tutte quelle cure materne, coccole comprese. Ricordo che  il deprivato di cure parentali,  non solo non godrà delle carezze  (anche secondo l'accezione dell'analisi  transazionale), ma le rifiuterà mostrando fastidio.
Per   il processo della relazionalità oltre  il rapporto simbiotico, acquisita la fiducia di base,  sarà essenziale la gradualità dei passaggi da un  tipo di rapporto a un altro, senza che ciò comporti  per il figlio perdita dei precedenti  vantaggi. Si ricorda che  i suo tipo di rapporto è strumentale: l'altro esiste in funzione della soddisfazione immediata dei propri bisogni.
            Senza  le suddette  condizioni dell'organismo materno. Tutto ciò che si fa per prepararsi in senso tecnico,  gioveranno poco o nulla.

            In definitiva ancora una volta si ribadisce l’esigenza di qualificati servizi territoriali, oltre che per  l’opera di sostegno e di counseling permanente, anzitutto in senso preventivo: sia per affiancare  gli operatori scolastici, sia per un’illuminata  preparazione degli aspiranti genitori per i quali  si richieda l’avvio a soluzione di  quasi immancabili problemi che interferirebbero  con  le loro prestazioni parentali educative ,nel senso proprio del termine. 

 I più perversi comportamenti degli umani possono essere dovuti anche al venir meno della funzione delle “strutture e degli umori umanizzati” ad opera di processi patologici a carico del cervello (V. sulla stessa pagina del blog M. Salvemini gli articoli su Priebke e quello su Adriano Olivetti al cui cervello superdotato di neuroni specchio e di ossitocina (si può considerare oltre che come l’ormone dell’empatia, anche del coraggio, poiché inibisce reazioni di paura dell’amigdala’) somiglia quello di Giorgio Perlasca.


  



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