Oggi
affiorano, nell’adolescente, molteplici problematiche nella crescita umana,
spirituale, fisica, psicologica, fino a condurre a un vero e proprio disagio,
che si manifesta in complesse risposte non appropriate alle situazioni sociali.
Per questo vi sono alcuni progetti di apporto per una migliore condizione
“dell’essere uomo”. La progettualità di miglioramento segue tutti gli stadi di
sviluppo dell’individuo, dall’essere bambino conoscitivo, ad adolescente
consapevole, e così via fino ad una certa completezza di equilibrio nell’età
adulta.
La
condizione adolescenziale è uno dei temi trattati nella ricerca sociologica e
psicologica e da chi si occupa di lavoro sociale. Oggi sappiamo che i mass-media determinano una dispersione di
valori, una mancanza di concettualità equilibrata, uno sfuggire la realtà, e
vanno verso una ricerca sfrenata di edonismo di massa sempre più diffuso e più
sacralizzato, o una esasperante superficialità nei confronti del sociale, come
unica soluzione ai problemi più intimi della gioventù.
Disparate
sono le reazioni adolescenziali, esaminiamo verso quale prospettiva deviante il
ragazzo puo’ essere trascinato e di lì agire come prevenzione. La devianza
giovanile si puo’ sviluppare come tossicodipendenza, alcoolismo, cattiva
educazione all’alimentazione (bulimia, anoressia), patologie caratteriali,
delinquenza…. Ognuno di noi deve
individuare gli spazi entro cui, per la propria parte, nella famiglia, nella
scuola, nei servizi, potrà muoversi e lavorare nella consapevolezza che la
devianza adolescenziale è un fenomeno che puo’ essere risolto per un ritorno
alla sicurezza personale e alla interazione con gli altri. Ogni età presenta
compiti di sviluppo particolarmente complessi. L’età adolescenziale, per certi
versi, è più delicata, perché si stabilisce la definizione dell’identità sia
corporea che psicologica, l’affettività, la competenza relazionale, sino al
confronto con il futuro come scelta politica, religiosa, lavorativa. Bisogna
quindi agire sui:
-
Compiti di sviluppo relativi all’esperienza della pubertà e al
risveglio delle pulsioni sessuali;
-
Compiti di sviluppo relativi all’ampliamento degli interessi personali
e sociali e all’acquisizione del pensiero ipotetico-deduttivo;
-
Compiti relativi alla problematica dell’identità e della
riorganizzazione del concetto di sé;
Il
primo problema che l’adolescente deve superare è infatti la ricomposizione
dell’immagine corporea diversa dalla precedente, che spesso si sviluppa in un
arco di tempo molto breve, vi è quindi un intreccio tra ciò che si appare
esteriormente e l’interiorità ed uno scompenso, non solo emotivo, ma anche
caratteriale.
Infatti,
i ritmi di sviluppo personali non sono omologhi, così, per poter sostenere se
stessi dinanzi agli altri, spesso abbiamo individui con corpi adulti e
mentalità da bambino e per dimostrare di più ai propri coetanei, non si hanno
sufficienti energie psicologiche da rispondere adeguatamente e tutto ciò può
portare a comportamenti sbagliati.
Precocità
e ritardo sono fonti di conflitto per l’adolescente nell’ansia di vedere
colmati ritardi o differenze con l’assunzione della nuova identità corporea e
nell’accettazione degli adulti e dei coetanei. Il corpo si rivela così ricco di
significati simbolici, di un linguaggio che consente di mantenere in vita le
relazioni primarie in attesa di nuovi oggetti d’investimento e di nuove
relazioni. Da qui nasce l’estrema ed ossessive preoccupazione per il corpo, per
l’altezza, per il peso, la paura della perdita dei capelli. Paure e
preoccupazioni provocano disagi, l’assunzione dell’identità si realizza così
attraverso le esperienze emozionali, cognitive, legate alla sessualità, ai
cambiamenti corporei, alle conoscenze, alle fantasie, ai sentimenti, ai
pregiudizi che segnano tale esperienza; l’approccio clinico e quello
psicoanalitico fanno riferimento all’emergere dei vissuti inconsci e
all’andamento delle fasi dello sviluppo libidico. L’adolescente si trova a
vivere questi nuclei libidici e conflittuali, che sono all’origine di condotte
alimentari nuove, di gusti nuovi, di comportamenti inattesi (onicofagia), di
scarsa cura di sé, di disordine, di disarmonia, o di enfatizzare parti del
proprio corpo attraverso il pearcing o tatuaggi,m per sentirsi parte omologa al
gruppo. La denuncia del disagio di una parte del corpo giudicata disarmonica,
sarebbe la copertura di disagi più profondi ed arcaici che trovano la via nel
simbolico per esprimersi e sono legati all’andamento dello sviluppo della sessualità
infantile nelle sue varie fasi, ed ai contrasti con le norme morali che spesso
si percepiscono in questo periodo della vita. Infatti per l’adolescente tutto è
bianco o nero, non percepisce le sfaccettature delle situazioni, la morale è
nella netta distinzione delle cose e non vi è l’utilizzo del pensiero adulto,
cioè la capacità di assumere il punto di vista dell’altro in modo analitico.
Il
percorso dell’adolescente avviene nel silenzio, nelle ansie, nei dubbi, con il
ricorso spesso ad informazioni inadeguate (confidenze con il coetaneo “più
esperto”). Reazioni a queste situazioni sono: il dubbio, la vergogna, il senso
di colpa, l’ansia, attacchi all’autostima; tutto ciò è il nemico da debellare
in questa fase dello sviluppo, ed è il momento in cui si pongono le basi per la
propria autonomia e per la separazione dagli antichi oggetti d’amore, tra cui i
genitori. Gli adulti significativi saranno tutti meno che le figure parentali
con le quali appare una grande difficoltà di comunicazione, da cui ci si vuole
staccare con eccessi di istintività, una lontananza psicologica sofferta sia
dai genitori che dai ragazzi stessi. La rifondazione della propria immagine per
un adolescente approda comunque agli adulti e cioè alla scuola, alla famiglia
dove vi è il confronto, e al gruppo “alla pari” che spesso, in assenza
psicologica dei primi due, finisce per essere “il tutto”. La risposta
istituzionale quindi, come strategia, vede prima di ogni cosa il dialogo. Molti
studiosi, tra cui Bonini e Zoni, hanno rilevato la fatica da parte dei genitori
di impartire per esempio l’educazione sessuale o trattare altri argomenti,
perciò tutto viene demandato alla scuola.
Ma
nello scenario educativo scolastico, grosse difficoltà per quanto riguarda il
dialogo; per esempio l’educazione sessuale è legata ad impostazioni culturali,
sociali, esperienziali, molto diverse, per cui l’oggettività dell’informazione
viene a mancare, riducendo la stessa educazione ad informazione
tecnico-scientifica, senza presupposti reali di dialogo psicologico,
sentimentale o formativo.
Nell’adolescente
vi è poi un’altra acquisizione: se si allontana dall’egocentrismo infantile,
spesso rientra in una nuova forma di egocentrismo, che consiste nell’attribuire
agli altri le stesse preoccupazioni e gli stessi pensieri che egli vive in quel
momento. El Kind parla, a tal proposito, di un “pubblico immaginario”,
sentendosi esposto continuamente all’altrui giudizio (si arrossisce facilmente,
balbettii, incapacità di esprimere i pensieri liberamente), all’altrui ammirazione
o riprovazione, per cui egli finisce per anticipare le reazioni degli altri a
partire da ciò che egli pensa. Queste acquisizioni, anche se non obiettive,
permettono comunque all’adolescente di inserirsi moralmente e intellettualmente
nella società degli adulti, di elaborare progetti di vita e programmi.
Altri
disagi per il giovane sono le domande che egli si pone, sia sui grandi temi
eterni della condizione umana, sia su quelli reali del rendimento scolastico
quotidiano. Nello studio spesso la mente del ragazzo ancora non è attrezzata
per comprendere la differenza dei concetti, delle discipline alla
trasformazione del sapere in maniera crescente e stabile. Si confonde
l’apprendere per apprendere con l’acquisizione matura di contenuti. Per arrivare
a ciò il ragazzo deve avere degli schemi concreti che egli si è costruito nel
corso dello sviluppo e che lo hanno guidato nel comportamento.
Se
manca questa abilità di decodifica del messaggio scolastico, l’esperienza da
cui uscirà sarà di frustrazione, di crollo dell’autostima, di emarginazione, di
rifiuto, di dubbi su se stesso e sul proprio valore. Nasce da tutto ciò
demotivazione ad apprendere. L’esigenza più forte in questo periodo è
l’autoaffermazione che avviene prima di tutto mettendo in discussione ciò che
lo circonda, rivendicando così libertà nei movimenti, negli svaghi, nell’utilizzo del danaro, nella
scelta dell’abbigliamento e criticando i temi centrali dell’esistenza, tra cui
soprattutto religione e politica.
A
questa esigenza di affermare se stessi corrisponde in egual misura il bisogno
profondo ed inconscio di essere protetti, sostenuti, aiutati , di dipendere da
quelle figure che sono state il riferimento e la sicurezza: i genitori, gli
insegnanti. In questo percorso c’è una profonda solitudine adolescenziale, con
grosse sofferenze emozionali e con una forma di risposta da parte dell’adulto
che privilegia più che il dialogo, una soddisfazione di bisogni materiali al giovane (telefonini, computer,
play – station, motorini, capi di abbigliamento firmati), con una
iperprotezione alla fatica, alla sfida, all’impegno personale che renderebbero
un ragazzo più forte psicologicamente e più sicuro nelle scelte di ciò che è
giusto e ciò che non lo è nella vita. Si rifugge spesso anche dalla sana alleanza
educativa che deve esserci tra scuola e famiglia e addirittura, in alcuni casi,
a forme di contrapposizione tra queste due istituzioni, agendo negativamente
sulla formazione degli adolescenti. Il conflitto autonomia-dipendenza può così
sfociare in forme di immaturità o devianze più o meno grandi e in disagio
psicologico con nevrosi ben strutturate.
Nella
definizione del sé un’altra esperienza significativa per il ragazzo è
l’appartenenza ad un gruppo sia formale che informale. L’adolescente, per attuare
il suo percorso di individuazione e di differenziazione psicologica, ha bisogno
del confronto e della scelta di una sua posizione in rapporto alle altre, e
tutto ciò comporta un investimento originale forte ed emozionale. Se il gruppo
è delinquenziale, si manifesta “il coraggio dello stare insieme” espresso nella
capacità di agire nella microcriminalità attraverso piccoli furti, o
manifestazioni di bullismo, o atti vandalici, che danno l’affermazione del sé e
giustificano un comportamento deviato. È così che si pensa di superare le
proprie paure, ma presto ci si accorge che tutto ciò è fallace, soprattutto
quando ci sono punizioni da parte della società.
Mancanza
di dialogo, ma anche una forma di apatia sottile dell’adolescente che cerca
protezione nel gruppo per timore di non riuscire da soli ad affrontare o a
cambiare il mondo circostante. Appartenere ad un gruppo positivo, invece, è
fare esperienza della micro-società, produrre cultura e valori in un ambiente
in cui l’adolescente si riconosce soggetto partecipe ed autonomo; in questo
contesto le regole del gruppo vengono assunte come impegno morale: rispettare
gli impegni presi, non far uso di droghe, non tradire un amico, mantenere le
confidenze, non compiere atti riprovevoli, non isolarsi con cattive abitudini
quali l’alcoolismo, non interferire nelle scelte degli altri.
Altre
forme di devianza quali la bulimia e l’anoressia, dovute a fattori di
propaganda martellante e convincente nei confronti del giovane, sono prodotto
di un cattivo rapporto con il sé e con la prima conoscenza: la madre. Di questo
ultimo fenomeno ne soffrono in maggior parte le ragazze, più che i loro
coetanei maschi, ciò per un insito comportamento femminile in rapporto al porsi
nei confronti dell’altro sesso e della società a cui appartiene.
Il
cibo, infatti, a seconda della cultura e della propaganda che ci viene
inculcata pregiudizievolmente, diventa catarsi o autolesionismo o ostentazione,
o addirittura sacralizzazione (Coca Cola). La fame di cibo rispecchia quella di
affetti, di attenzioni e di dialogo. Una educazione alimentare presuppone
quindi un giusto rapporto con se stessi e un giusto equilibrio di interazione
con gli altri. Eliminando una cattiva ricezione del reale che è falsato. La
proposta quindi sul piano psico-pedagogico all’interno delle tre aree,
famiglia, scuola, gruppo è di interagire e comunicare la vitalità di ciascuno
nei seguenti termini: da una concezione del sé in termini fisici ad una analisi
in termini psicologici, caratterizzazione di sé, comprensione del sé a livello
emozionale e volitivo, consapevolezza del proprio io, tendenza a collegare
concettualmente tra di loro i diversi aspetti del sé in un sistema unificato.
Un
altro aspetto da tener conto nella mancata crescita psicologica è un certo
marcato senso del familismo (appoggiarsi in ogni piccola decisione alla
famiglia) risulta un vizio del nostro meridione, qualcuno lo ha definito
amorale poiché sarebbe uno dei caratteri distruttivi dello sviluppo armonico
della personalità. La scelta del ragazzo del gruppo informale è di fondamentale
importanza poiché pone le risposte ai suoi bisogni sociali: spazi attrezzati,
spazi liberi, iniziative sportive, culturali, musicali, teatrali, possono
canalizzare grosse energie, recuperare creatività, fare cose interessanti e che
piacciono, sviluppare la fantasia per una partecipazione attiva al progetto di
vita di ciascun adolescente da vivere in maniera serena e scevro da ogni
occasione che possa ostacolare questa progettualità. È in questo modo che
avremo contribuito alla crescita del giovane d’oggi in una società complessa
come la nostra, ma piena d’amore che dobbiamo e vogliamo trasmettere, secondo
il proprio ruolo, agli uomini del domani; poiché dietro ad un atteggiamento
maldestro di un ragazzo, spesso c’è il profondo desiderio di comunicare e di
apprendere il significato della vita nelle varie sfaccettature.
da ADOLESCENZA E SUE DEVIANZE
di FLORINDA BATTILORO
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