Tra i libri di mio Padre, deceduto nel
lontano 64, riemersi da alcune casse contenenti vari altri ricordi, e allocati
con giusta dignità in una casa di campagna da poco occupata, ho trovato e
subito letto le Memorie di un fuoruscito del grande storico Gaetano
Salvemini, edito da Feltrinelli nel maggio 1960, peraltro corredate da belle
annotazioni di mio Padre, comera Sua consuetudine.
Un libro che conserva la sua freschezza, che ci fa
comprendere quale fosse, all’estero, l’immagine dell’Italia fascista, con
interessanti spunti di riflessione sul pensiero e sull’opera poliedrica del
grande storico pugliese.
Arrestato nel giugno del 1925, per la pubblicazione
del giornale ”Non Mollare”, e liberato grazie a una campagna del ”Corriere
della Sera”, Salvemini preferì espatriare. Nel libro, così, narra la sua
difficile esperienza di “ebreo errante dell’antifascismo”, in Francia, in
Inghilterra e negli Stati Uniti, lasciandoci pagine importanti sulla condizione
dell’esilio.
Ma non si definisce un ”esule”, bensì un ”fuoruscito”,
e cioè, un professore ”uscito fuori” dalla Patria per continuare l’opposizione
alla dittatura.
Il tentativo di far conoscere il Fascismo non fu
agevole, perché bisognava ridimensionare le abnormi fanfaronate della
occhiuta propaganda. I cittadini inglesi e americani, tra l’altro, non
riuscivano a comprendere come mai in un paese civile come l’Italia non
esistessero più le elementari garanzie di libertà e democrazia.
Altro possibile ostacolo era costituito
dagli emigrati, che in America vivevano dignitosamente ma a livelli di
semi povertà, e si sentivano ripetere, anche dagli stessi americani, che il
Duce aveva portato l’Italia ad essere una grande nazione. Affermare il
contrario, poteva ferirli nella loro dignità e sensibilità.
Parlando, poi, dei professori che avevano giurato
fedeltà al fascismo, Salvemini sente il dovere, per spirito di colleganza, di
essere indulgente, comprendendo la loro scelta.
Bellissimo, ancora, l’elogio di Don Sturzo, il
fondatore del Partito Popolare…, il che fa ben comprendere il rispetto delle
altrui idee che il grande storico sapeva praticare. ”...frequentandolo a
Londra, divenni ammiratore dell’uomo, lui al suo posto, io al mio... Con quell’uomo
buono (naturalmente era anche intelligente) non si scherzava... E credo
che nacque da questo riguardo che avevamo in comune per le cose serie un’amicizia
che è uno dei più begli acquisti della mia vita…”.
Sulla situazione italiana, scriveva, con toni asciutti
e impietosi, cose di una realtà sconcertante, ben conoscendo vizi e virtù del
nostro popolo. “Tutte le volte che i fascisti si sono imbattuti nella resistenza dei
Carabinieri, se la sono data a gambe non appena hanno visto che i loro
avversari facevano sul serio. Se domani l’Esercito si mettesse alla testa di
una offensiva antifascista, non ci sarebbe da temere una lotta lunga e
sanguinosa... Non solo la Milizia si squaglierebbe come neve al sole, ma molti
militi si rivelerebbero feroci antifascisti... Se nello stesso tempo il clero
desse ai contadini la parola d’ordine di sollevarsi, ben pochi fascisti in
tutto il Paese troverebbero scampo…”
Un gran bel libro, quindi, che andrebbe letto
soprattutto dai più giovani, certamente oggi non più adusi alla frequentazione
della carta stampata, quanto alle magie di internet e tv; un libro che oltre a
offrire spunti di riflessione su fatti passati, può costituire viatico prezioso
per il nostro difficile presente, dando anche l’ opportunità di conoscere ”da
vicino” una persona di altissima levatura culturale e scientifica, un docente
universitario integerrimo e dalla schiena dritta, non facile ai compromessi.
Un vero esempio per tutti! Onore alla Sua
memoria!
Raffaele
Vacca
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