Dopo quanto esposto a proposito del processo di maturazione delle diverse strutture neuro-funzionali del nostro cervello che dipende da quello della loro progressiva mielinizzazione come risultante della interazione tra informazioni eredogenetiche e fattori catalizzanti ad opera di appropriate prestazioni parentali, resterà soltanto da sperare che dei neuroscienziati si prendano la briga di verificare l’ipotesi che il rettiliano possa permanere come centrale operativa in una consistente percentuale della popolazione.
In effetti il più efferato militarismo (da distinguere dalle prestazioni parentali delle forze armate dello Stato rispetto al suo più civile ruolo di difesa dei cittadini (*), in base a quanto risulta dallo studio comparato del cervello umano effettuato dal National Institute of Mental Health (Bethesda USA), potrebbe essere scatenato da modelli comportamentali di base del rettiliano, anche in operazioni rivoluzionarie tra le più cruente.
Si spiegherebbe così, non solo perché i risultati sperati non si siano verificati, bensì pure perché , poi, sottomutate spoglie (apparenze) ecc. il tipo di rapporti si ripresentino essenzialmente tali e quali: coloro i quali si trovano (magari non fisicamente quelli di prima) gli avvantaggiati si avvantaggeranno sempre di più a discapito di altri: insomma i ruoli di prima rimangono anche quando si ribalta la situazione degli appartenenti a una casta e dei fuori casta (dei paria).
Da tenere presente che, per quel che concerne il livello maturativo del cervello di una popolazione umana, nella realtà demografica vi è tutta una gamma di situazioni nel senso che ogni cervello raggiungerà un certo livello di maturazione, a seconda della forza mielinizzante del proprio genoma.
La situazione sarà preoccupante se prevarrà fortemente la percentuale di soggetti in cui il processo di maturazione non sia andato sufficientemente avanti, cioè verso quei livelli i organizzazione cerebrale più propriamente umani.
In tal caso il mancato auspicato cambiamento sarà spiegabile con il dato di fato che i modelli comportamentali di base del rettiliano non tendono all’evoluzione, permangono con le caratteristiche delle altre specie, si attivano automaticamente secondo il principio stimolo risposta: per es., la territorialità, nella nostra specie, come già detto in precedenti scritti, si potrà manifestare come patriottismo ( più precisamente, sciovinismo), nazionalismo, guerre di secessione ecc. probabilmente per un coinvolgimento dei lobi orbito-frontali sempre ad opera del rettiliano come centrale operativa... lo fa pensare il fato che le reazioni si scateneranno con le caratteristiche proprie del livello bestiale(absit iniuria verbis!”).
Cervelli come quello di Mazzini e di altri Grandi nobilissimi personaggi storici, sognatori palingenetici, non agirono in prima persona i su menzionati comportamenti di lotta cruenta, bensì per interposta persona: basti pensare quanti giovani immolarono la loro vita sotto la suggestione degli ideali mazziniani.
(*) In precedenti scritti: Funzione militare e logica militarista dove si distingue la funzione civile delle forze dell’ordine simile a quella protettiva-difensiva dei genitori da quella offensiva dei militari in guerra.
GLI UMANI POSSONO COMPORTARSI DA PITBULL?
E’ noto come Joel Schumacher, nel suo film Tigerland, definisce “Un assaggio d’inferno prima di andare nell’inferno vero, quello del Vietnam” il campo per l‘addestramento militare in cui cittadini “normali”, dei bravi ragazzi, magari educati anche religiosamente, vengono trasformati appunto in una specie di pitbull, cioè in grado non solo di uccidere, ma perfino di perpetrare ogni genere di violenza contro altri esseri umani che vengono loro presentati come nemici.
Altrettanto noto dovrebbe essere quanto accadde diversi anni fa negli Stati Uniti e, poi, in Italia presso l’Università del Sacro Cuore : a degli studenti venne proposto un esperimento consistente nell’eseguire istruzioni impartite da un uomo di scienza del quale essi avevano molta stima e fiducia.
A un uomo steso su un lettino, apparentemente connesso con cavi elettrici attraverso i quali, per il progresso scientifico, si dovevano somministrare crescenti potenzialità di voltaggio, pur comportando terribili sofferenze con il rischio anche di morte.
Ovviamente, sul lettino, a insaputa degli allievi, era steso un bravo attore il quale simulava benissimo le intollerabili sofferenze a ogni successiva e più elevata somministrazione di corrente. La stragrande maggioranza di questi, peraltro bravi ragazzi, non desistette, non ebbe l’ardire di opporsi alle sollecitazioni del capo.
Potremo avere un’idea di quel che avviene nel nostro apparato neuropsichico, se immaginiamo la nostra centrale operativa, cioè l’Io, al centro di una lente filtro, posta sopra le informazioni eredo-genetiche.
Questa lente filtro si colorerà in rosa o in grigio-nero a seconda che riceva prevalentemente informazioni, rispettivamente, positive o negative.
Quando queste ultime sono eccessive e prolungate nel tempo, il sistema d’allarme normalmente attivo nel nostro cervello potrà dar luogo a una situazione di tensione permanente sino a dar luogo ad atteggiamenti e comportamenti terribilmente ostili e violenti.
Particolare attenzione si deve durante la cosiddetta fase dell’opposizione e dei dispetti, peraltro molto importante per la nascita e l’irrobustimento dell’Io, perché interventi “educativi” sconsiderati potrebbero aggravare la situazione per la persona e per la società.In effetti, il ricorso ad espedienti intimidatori, corruttivi, di ricatto, mediante epiteti quali: piccola peste, piccolo delinquente per tenere a bada i comportamenti di questa fase evolutiva possono indurre il bambino ad accentuare le sue reazioni di contro-potere, ad assumere identità negative, oppure a inibirle dando luogo a reazioni psicosomatiche o con la resa da animale addomesticato, una specie di Fantozzi nella vita.
Tali metodi “educativi” possono scatenare reazioni di rivalsa, nel senso che l’”educando” cercherà di ribaltare la posizione di succube e, accorgendosi che certi suoi comportamenti mettono in difficoltà l’adulto, gli fanno perdere le staffe e, addirittura, gli incutono paura, potrà continuare su questa strada fino a che, in alcuni particolari casi, svilupperà comportamenti terroristici, aderirà a bande delinquenziali e, perfino, a sette sataniche, come se la droga non basti più per manifestare lo stato di disagio, le istanze più o meno cariche di psicopatologia quando la fase dell’opposizione non ha avuto l’opportunità di adeguata elaborazione. Il rincasare alle mattinate è divenuta una banale normalità, drogandosi “si rischia” di venire compresi, considerati come bisognevoli di cure, quindi ci si stente castrati rispetto all’esigenza di far pagare caro il prezzo del potere sofferto. Oltre al lancio dei sassi dovremo aspettarci altre sconvolgenti reazioni da parte dei giovani grazie (si fa per dire) alla legge del taglione vigente nei profondi meandri della psiche umana?
Per avere un’idea di quanto la componente lesioni del substrato neuro-organico possa essere responsabile della “cattiveria”, basti pensare che la tendenza a fare il male per il male è tra le sequele dell’encefalite letargica di Von Economo che, fortunatamente per l’ultima volta, imperversò in forma epidemica in Europa ai tempi della prima guerra mondiale. I portatori di tali lesioni cerebrali erano considerati la peste dei reparti ospedalieri.
Per l’influenza delle condizioni fisico-naturali sul carattere, mi limito ad accennare quanto Eric Fromm afferma nel suo libro Anatomia della distruttività umana edito da A. Mondadori. Egli riscontrò che il carattere mite e socievole era di abitanti di aree ubertose, ricche di risorse alimentari e con clima mite, mentre condizioni ambientali opposte davano luogo a caratteri diffidenti e perfino ostili e violenti.
Ricordo in fine che anche il cervello umano è naturalmente programmato per la lotta per la sopravvivenza e l’autoaffermazione... senza esclusione di colpi (v. quanto detto a proposito del rettiliano).
Pier Luigi Lando
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