giovedì 28 novembre 2013

ADRIANO OLIVETTI COME NELLA RECANATI LEOPARDIANA


Dal momento che sono stato socio del CIGI (Comitati Italiano per il gioco Infantile), una delle creature più nobili di quest’uomo straordinario, non posso riconsiderare la sua memoria, che grazie a RAI UNO ci viene presentata in filmato in due serate, del tutto emotivamente distaccato. Anche perché le attività ludiche le ho applicate per diverse iniziative tra cui: un soggiorno estivo sperimentale per fanciulli dislessici sul golfo di Squillace (Catanzaro); attività di gioco autogestite presso il quartiere Ostiense (Roma) e di Spinaceto (Roma); l’istituzione di una ludoteca presso un centro culturale dello stesso Quartiere, assieme alla pedagogista Antonella Raho e, da volontario: psicoterapia di gioco presso un Segretariato Assistenza Famiglie..
Con Dino Perego, segretario nazionale di detto Comitato si stabilì un rapporto di amichevole collaborazione.
In sua vece, nel dicembre del 1969 tenni una comunicazione sul gioco in ospedale presso l’Istituto di Medicina Sociale dove avevano luogo due Giornate di Studio sul tema: L’Ospedale in Italia – Strutture e Funzionalità.
Successivamente, sempre come socio del CIGI, mi recai sia al “Bambino Gesù” sia al Reparto di Pediatria presso L’Università Cattolica per caldeggiare iniziative di gioco per i bambini ivi ricoverati.
Ancora come socio del CIGI partecipai alle riunioni del Comitato Nazionale per i Problemi dei Minori presso il Ministero degli Interni e a diversi convegni.
I due filmati su questo personaggio tra i più meritevoli del nostro Paese, mi hanno accentuato l’ammirazione che, sin dall’inizio, mi aveva colpito non solo per il suo atteggiamento di benevola disponibilità che è andata oltre quella per i suoi dipendenti, ma ancora di più oggi: nel rivederlo impegnato per la promozione e l’attuazione di diversi progetti a favore di comunità disagiate.
In proposito ho avuto la gioia di vedere un prototipo di uomo eccezionalmente realizzato nelle potenziali dimensioni umane, mentre dovrebbe essere la regola per tutti.
Mi è sembrato di vedere il suo cervello ricco di neuroni specchio brillantemente attivi, le più avanzate strutture del cervello, quali i lobi orbito-frontali o “cervello immaginante-creativo ( H. Laborit) pienamente sviluppate..
La sua scesa in politica lo portò in una specie di Recanati leopardiana: “intra una gente zotica vil che” … l’odiava e fuggiva per invidia….
La carenza di conoscenze, come quelle attuali in particolare di neuroscienza e di dinamiche transpersonali, non gli offrirono gli strumenti per farsene una ragione per capire la situazione dei cervelli dei suoi interlocutori, ovviamente non altrettanto dotati di quegli umori per lo sviluppo di strutture cerebrali atte a recepire messaggi di valore comune e universale.
Le recenti realizzazioni tecnologiche consentono oggi di documentare anche visivamente e senza invasività ciò che avviene nel cervello umano in tempo reale e in vivo. Fino a pochi decenni fa avevamo già la possibilità di individuare funzioni di diverse aree del cervello, ma utilizzando occasionali lesioni traumatiche o da specifiche patologie o, ancora, mediante la comparazione di ciò che accadeva nel cervello di altre specie, purtroppo e spesso mediante vivisezione. Per es, grazie (si fa per dire) a tali mezzi si erano individuati centri vitali come quelli della funzione respiratoria e di quella cardio-circolatoria.
Era abbastanza acquisita la conoscenza che l’entrata in funzione delle diverse aree del cervello e dei relativi circuiti neuro-funzionali fossero dipendenti dal processo di maturazione consistente in quello della mielinizzazione, ossia di una sostanza che isola le fibre destinate a una funzione da altre che conducono stimoli , quindi quote di energia bio-elettrica per altre funzioni, analogamente ai cavi elettrici che conducono l’energia elettrica per i diversi apparecchi delle nostre abitazioni ecc. La maturazione delle fibre nervose consiste appunto nella copertura di queste con la guaina mielinica prodotta da altre cellule nervose appositamente specializzate.
Già durante i primi mesi della vita intrauterina si verifica la maturazione di quei centri e vie nervose che alla nascita (sia pure prematura di qualche mese) sono essenziali per la sopravvivenza: e che si possono recepire, per es., con l’auscultazione del il battito cardiaco, ma pure strumentalmente mediante esami ecografici e radiologici. Così si è
potuto sorprendere il feto che si ciuccia un dito della mano o di un piede, mentre le donne in gravidanza avvertono i movimenti della loro creatura poco dopo i primi due mesi.
Il tutto avviene, ovviamente, grazie al rifornimento dell’energia prodotta dallo stesso organismo, ossia mediante l’investimento del flusso bioenergetico che attiva l’una o l’altra funzione a seconda che le relative quote energetiche vengono investite verso una o l’altra area cerebrale e connessi circuiti neuro-funzionali.
Così come dall’entrata in funzione dell’attività cardiocircolatoria e respiratoria desumiamo che sia già avvenuta la mielinizzazione, quindi la maturazione dei relativi centri che si trovano in quella parte del sistema nervoso (il bulbo) che sta appena dentro il cranio, (ossia tra il midollo spinale e i resto dell’encefalo), altrettanto potremo evincere che: le più avanzate funzioni dell’Homo sapiens, cioè quelle del cervello immaginante creativo, siano maturate se il soggetto sia in grado di espletare funzioni proprie di una persona adulta, vale a dire che capace di stabilire rapporti soddisfacenti con i propri simili, verso i quali prova empatia, stabilendo rapporti di amicizia, comportandosi responsabilmente e con la capacità di far tesoro delle esperienze acquisite per prevenire guai per sé e per gli altri (si consiglia comunque di veder su internet la voce “Cervello immaginante creativo” dove sono riportati anche miei scritti).
Già da quanto esposto dovrebbe risultare chiaro che rappresenta un passo di cruciale importanza per l’avvio del processo di umanizzazione quello in cui il flusso bio-energetico guadagna i livelli di organizzazione cerebrale oltre quello più ancestrale in cui oltre le funzioni essenzialmente vitali per l’individuo già accennati, vi sono modelli comportamentali dai quali dipende la qualità dei rapporti con l’ambiente sia fisico-naturale che sociale (V. teoria del cervello uno e trino di Paul MacLean secondo la cui Scuola i modelli comportamentali di base che abbiamo in comune con altre specie sono 24).
Ne consegue che fintanto che non sarà catalizzato il processo di umanizzazione, grazie a ben precise prestazioni parentali a loro volta presupponenti un buon tasso di ossitocina secreta durante il parto, se il flusso bio-energetico rimarrà prevalentemente investito e investibile in aree sottocorticali, oltre ad attivare l’amigdala, alimenterà i modelli comportamentali di base del cervello da rettile, cioè di quel livello dell’organizzazione cerebrale che abbiamo in comune con le altre specie, nella scala filogenetica dai grandi rettili in poi.
Quindi senza quelle prestazioni parentali, i comportamenti umani non differirebbero da quelli delle... bestie, anzi più potenziati grazie alla maggior ricchezza di neuroni ecc.: dall’astuzia della volpe ai comportamenti predatori di quasi tutti gli animali, alla competizione selvaggia del territorio e della partner, alla lotta per il predominio, cioè per raggiungere posizioni di maggior privilegio in seno al branco, all’accumulo di beni che ricorda comportamenti analoghi a quelli dei roditori, per es, al momento in cui si avvicina la stagione invernale ecc.
Tuttavia tra le connotazioni proprie della nostra specie tanti “istinti” (quelli del cervello da rettile) vengono elaborati e si manifesteranno come atteggiamenti e comportamenti simbolizzati per cui la territorialità, per es., si manifesterà come campo di competenza scientifica, burocratica, privacy e persino come “Amor di Patria” (sciovinismo) alimentando anche movimenti scissionistici ecc.
“Più o meno tutti noi siamo organismi inquinati e in tensione”
E’ uno dei primi assunti della Ricerca eco-psico-sociale.
Si dà per scontato che tutto ciò che giunge nel nostro organismo e in particolare ai recettori del nostro apparato neuropsichico, se non è in sintonia con le nostre autentiche esigenze psico-fisiologiche, può venire immagazzinato come materiale inquinante o/e come tensioni “patogene”.
Disturbo ancora Paracelso il quale aveva intuito che: “ “Ciò che concorda con la luce della natura rimane ed ha forza; ma ciò che non concorda con essa è un labirinto che non ha né ingresso né uscita sicura” (V. in fono un articolo dedicato all’argomento)
Ciò premesso, ne consegue che il terreno socio-culturale, nel corso dei secoli si è andato sempre più inquinando.
Se ora paragoniamo ciascuno di noi ad un albero che vegeta su un tale terreno, ne consegue che a sua volta ciascun albero produrrà frutti e semi inquinati che. Cadendo sullo stesso terreno, continuerà ad inquinarlo ulteriormente..
Nel corso della storia è sempre avvenuto che, di tanto in tanto, un albero si sviluppi in modo sano e rigoglioso.
Fuor di metafora, dobbiamo supporre che le sue potenzialità eredo-genetiche abbiano prevalso.
A uno di questi alberi ci fa pensare Adriano Olivetti.
Non solo, ma la sopraccennata analogia consente di spiegarci perché questo, come tantissimi di questi prodigiosi alberi, non abbia dato vita a una foresta di alberi altrettanto sani e rigogliosi, mentre, invece, hanno proliferato e continuano a proliferare quelli inquinati sempre più infestanti: in questi ultimi son mancati appropriati interventi affinché non solo si evitasse l’assorbimento degli inquinamenti dal terreno, ma si fornissero delle condizioni e dei fattori di crescita favorenti le potenzialità evolutive sane.
Alcuni di questi alberi, avendo sviluppato una specie di mitridatismo, una resistenza agli inquinamenti analoga alla resistenza dei microrganismi agli anfibiotici e agli antiparassitari, mostrano però più o meno gravi segni di sofferenza per i veleni che sono costretti ad assorbire, quindi fungono anche da rivelatori e giungono perfino a produrre frutti sia pur disgustosi e pericolosi per la salute.
Analogamente, fuor di metafora, tantissimi operatori nel nostro assetto socio culturale ed istituzionale traggono profitto dai problemi ciascun potenziale cliente riversa sul proprio insieme somatopsichico e, quindi, sul mare magnum del sociale. Un’analogia tra le conseguenze degli anzidetti inquinamenti sugli alberi e le malattie iatrogene sui pazienti umani? E non solo poiché la tendenza a ricorrere a provvedimenti tampone, a risolvere sbrigativamente problemi complessi finisce per incancrenire quelli che si intendeva risolvere e di crearne di nuovi .
Sempre fuor di metafora, si potrà amaramente comprendere come i frutti del l’albero Adriano Olivetti, come di tanti altri preziosi alberi di Grandi Geni, non siano riusciti a modificare in meglio il corso della nostra Storia.
Giacomo Leopardi, la cui empatica sensibilità umana, che nonostante la carenza di adeguate prestazioni parentali (egli stesso descrive la madre come arida, bigotta ecc. mentre per il padre rappresentava un delegato per la realizzazione delle sue ambizioni di eccellere intellettualmente ... un modo come un altro per un’autoaffermazione di pre-potere... aveva la biblioteca più riccamente fornita) e nonostante i suoi guai per la salute fisica, non gli domò del tutto la sua voglia di formare amicizie, di gustare cibi ecc. induce a pensare che in lui sarà prevalsa la forza delle sue potenzialità eredo-genetiche.
Non altrettanto avvenne sul piano umano per altri Grandi Uomini il cui talento raggiunse vertici sublimi, per es. Beethoven (la carenza di appropriate prestazioni parentali non gli permise di sviluppare una soddisfacente qualità di rapporti interpersonali), mentre la parte del leone nei confronti delle sue potenzialità evolutive la fece la dotazione musicale che aveva ereditato dal padre e da un nonno.
Almeno un cenno lo merita la scuola dei pedagogisti scomodi (. V. di Giacomo Cives: “La pedagogia scomoda - da Pasquale Villari a Maria Montessori” dove giganteggia anche la figura di Gaetano Salvemini.
In definitiva il fenotipo (ossia l'insieme delle caratteristiche di un individuo, cioè della manifestazione della sua costituzione genetica) di una persona che si chiami Adriano Olivetti, oppure Giacomo Leopardi, Ludwig van Beethoven dipende dal tipo di investimento del flusso delle quote bioenergetiche.
A volte sembra di dover ammettere che, per ragioni impescrutabili, analogamente all’albero sano e rigoglioso in una foresta di alberi che traggono il loro stentato nutrimento dal terreno inquinato, una persona si dimostri pienamente realizzata secondo il proprio genotipo (cioè il corredo genetico di un individuo, cioè l'insieme dei geni (unità funzionali) contenuti nel DNA e custoditi nel nucleo delle cellule) come se avesse pienamente usufruito di quei fattori e di quelle condizioni di crescita ecopsicosociali scientificamente ritenuti essenziali per lo sviluppo ottimale delle potenzialità evolutive contenute nel genoma.
Non ho sufficienti dati riguardo ad Adriano, mentre ne ho sufficienti per ritenere che Ludwig non avesse avuto adeguate prestazioni parentali. Quasi altrettanto carente mi risulta la posizione relazionale tra Giacomo e i suoi genitori.
Se si ammette che sussistano nel patrimonio eredogenetico dei geni in grado di generare un Wolfang Amadeus Mozart, un Sebastian Bach, un Giacomo Puccini (discendente da ben 5 generazioni di musicisti da parte femminile e
maschile!) e tanti altri geni musicali appartenenti a famiglie di musicisti) sembra di dover assumere che in Beethoven tali presunti geni musicali nel suo cervello abbiano fatto la parte del leone, monopolizzando al massimo l’orientamento del suo flusso bioenergetico a discapito di quelle qualità relazionali adulte di cui si è detto sopra.
In Giacomo, invece, appaiono ben sviluppate, oltre alle versatili qualità tra le più comunemente note quelle artistiche, da filosofo, filologo…
ecc., le doti di umanità, empatia, pietas: nonostante le disastrate condizioni di salute fisica, si dimostra consolato nel pensare che le sue opere sarebbero giovate per sollevare l’animo di tanti suoi simili: già nel Canto del Pastore errante: “Qualche bene o contento avrà forse altri… e nello Zibaldone esprime questo pensiero in modo più esplicito.
Purtroppo appare predominante il pregiudizio che egli fosse depresso. La su a straordinaria creatività già sarebbe sufficiente per “spezzare” (come direbbe Einstein) questo pregiudizio; ma le sue innumerevoli invettive contro Madre Natura “che per uccider partorisce e nutre”; che “di tanto inganna i figli suoi” , e quella più diretta: “A’ tuoi superbi regni, Vile, o natura… ci mostrano, che dentro quel corpo di cui non vedeva l’ora per liberarsene (“al gener nostro il fato non donò che il morire”… “assai felice se rispirar ti lice di alcun dolore, beato se te d’ogni dolor morte risana” ci fanno intravedere un titano comprensibilmente indignato contro il Fato; contro il “brutto poter che, ascoso, a comun danno impera”,… insomma tali reazioni , anche da un punto di vista psichiatrico appaiono in sintonia con lo stato delle sue sofferenze fisiche che, nonostante siano intollerabili, non domano la sua potenza creativa, la sua sensibilità verso tutti i viventi: “O forse erra dal vero,. mirando all'altrui sorte, il mio pensiero: forse in qual forma, in quale. stato che sia, dentro covile o cuna,. è funesto a chi nasce il dí natale”.
PARACELSO ANCORA E PIU’ CHE MAI OGGI DOCET
“Ciò che concorda con la luce della natura rimane ed ha forza; ma ciò che non concorda con essa è un labirinto che non ha né ingresso né uscita sicura”
Questo aforisma del medico svizzero, alchimista, filosofo di cinque secoli fa troneggia a caratteri cubitali e rilevati in bronzo su un pannello di legno che si estende in lunghezza in cima e per quasi rutta alla parete retrostante la cattedra della Scuola di Medicina Omeopatica Hahnemanniana di Piazza Navona (Roma), come per dar maggior rilievo alle intuizioni del padre dell’Omeopatia Samuel Hahnemann.
A me sembra in sintonia con la concezione di “energia vitale” che, un po’ arbitrariamente (i versi citati sono in tutt’altro contesto) attribuisco a Virgilio dando al termine Spiritus il significato di Energia che egli esprime in sublimi versi nel VI libro dell’Eneide (trovo ogni traduzione come bere del vino annacquato. Suggerisco a chi volesse approfondire l’argomento spiritus (intesa nell’accezione di energia-vitale) di intraprendere una ricerca su internet anche per le concezioni filosofiche e religiose come quelle delle Sacre Scritture.
Ed ecco i su menzionati versi virgiliani: “Spiritus intus alit totamque infusa per artus Mens agitat molem et magno se corpore miscet” (si provi ad afferrarla nell’originale!”.
In effetti nella storia del pensiero umano vi sono intuizioni di cervelli adamantini che non possono non scuoterci di meraviglia e ammirazione:
Basterebbe pensare, oltre alle tante di Lucrezio Caro (occorrerebbe riportare buona parte almeno del V libro del De Rerum Natura) alla concezione di Terenzio Varrone circa l’etiologia delle malattie infettive. La citazione che riporto è di una sconcertante attualità come definizione dei microrganismi patogeni:” Aninalia quaedam minuta quae non possunt oculi consequi et per os ac per nares perveniunt atque efficiunt difficiles morbos” (traduzione: vi sono degli animaletti così piccoli che non si possono percepire ad occhio (nudo) che pervenendo attraverso la bocca e le narici provocano gravi malattie). Ancora più stupefacente questa concezione quando si pensi che due millenni dopo quando, grazie alla disponibilità di strumenti ottici è stato possibile potenziare il visus naturale, quindi a vedere i piccoli animaletti intuiti da Terenzio Varrone, lo scopritore del micobatterio della tubercolosi, il giovane Roberto Kock, venne schernito dal gran sacerdote della scienza medica del tempo, Rudolf Virchow, con la stroncante affermazione: “Sarà meglio che questo giovane medico di campagna gli animaletti se li cerchi sulla propria testa! Il su menzionato aforisma di Paracelso si dimostra particolarmente valido al lume di attuali conoscenze concernenti le informazioni eredo-genetiche (genoma), sul metabolismo bio-energetico e il ruolo giocato da neurormoni nei confronti dello sviluppo di strutture come quelli dei neuroni specchio.
Le ricadute sui metodi pedagogici dovrebbero avvertire ogni educatore sull’influenza che i loro interventi possono avere sull’ “allertness” di quella sentinella (l’amigdala) che, a sua volta, sovraeccitata (v. la voce “overloading”), può alterare l’economia bioenergetica al punto da dar luogo a buona parte delle reazioni
psicosomatiche disturbanti la qualità della vita quotidiana, ma anche a tanti quadri di patologie più o meno appropriatamente ritenute di competenza medico-chirurgica e neuropsichiatrica.
In proposito rilevo ancora una volta che sia durante la mia pratica psicoterapeutica sia ancora (pur non esercitando più da anni) vengo casualmente a conoscenza di storie di persone diagnosticate e curate come malate mentali e che poi risultano frutto di dinamiche familiari (“pazienti designati”) o/e di metodi di allevamento erroneamente ritenuti educativi. Motivo che ci ha maggiormente motivati a formare un gruppo di lavoro: “Iniziamo da una generazione”, ossia da quella in procinto di frequentare la scuola dell’obbligo. Mediante apposite attività di gioco, animate da operatori qualificati si procederà a una tempestiva verifica dei prerequisiti, alla individuazione e avvio a soluzione dei quasi immancabili problemi, svantaggi culturali compresi, di scolari destinati a una medesima classe (anche al fine della formazione del gruppo classe), utilizzando le potenzialità socializzanti del gioco.
Nel progetto è anche previsto il coinvolgimento, oltre che dei docenti dell’ultimo anno di scuola materna e del primo anno di scuola dell’obbligo, anche dei familiari.
Un altro gruppo dovrebbe centrarsi sulla questione “pazienti designati in carcere”
Un terzo gruppo sarà per la prevenzione delle violenze contro le donne.
Un documento introduttivo si fonda sull’assunto che il cervello dell’Homo potenzialmente sapiens sia naturalmente programmato per la lotta per la sopravvivenza e l’affermazione personale. A questo livello le potenzialità aggressive sono talmente dotate anche qualitativamente, da giovarci come rassicurazione l’incapacità fisiologica del cucciolo d’uomo a mettere in atto tali potenzialità.
Soltanto più in là negli anni ci potrà turbare con la ben nota crudeltà dei ragazzi.
Le qualità adulte umane rimangono allo stato potenziale e saranno attuabili grazie a ben precise prestazioni parentali: l’evoluzione verso l’”adultità” non procede necessariamente di pari passo con l’età anagrafica. Si spiegano così tanti drammi coniugali dovuti all’incapacità di sopportate la separazione.
Le razioni naturali violente dell’amigdala che, per una minaccia diretta sarebbero lotta o fuga, per la sottrazione della persona dalla quale si dipende vitalmente, altrettanto violente reazioni si avranno previa manifestazioni di invidia e di gelosia( sentimenti che pare siano inserite nel genoma (e non solo umano) unitamente all’attachment. In proposito penso si debba riconoscere che la gelosia infantile sia di gran lunga molto più micidiale di quella coniugale, poiché l’amigdala del piccolo s’allarma per la sottrazione di cure parentali che l’averte come minaccia mortale alla propria vita… anzi, penso che, quando la gelosia coniugale è troppo oltre i limiti, si debba considerare lo stato della sua relazionalità ancora prevalentemente a livello di “valenze relazionali di tipo primarie”.
Precedenti esperienze di abbandono possono esasperare a tal punto il senso di possesso della figura parentale, da indurre partner in tal senso sensibilizzati (psico-emotivamente) a trasferirlo su un/a altro/a partner, quasi con un’inconsapevole perversa strategia di ottenere un bersaglio alternativo alla propria madre.
Da qui l’urgenza di avvisare le “ragazze da marito” a evitare approcci coniugali con “mammoni”, a evitare di cadere nelle provocazioni del partner che, sin dal momento in cui trasferisce il rapporto di dipendenza dalla madre a una partner, è “portatore inconsapevole di un perverso disegno uxoricida”: per metterlo in atto gli gioveranno le reazioni risentite della partner (tra l’altro delusa per le prestazioni sessuali di un partner che la usa strumentalmente com’è di regola perché la dimensione relazionale del suo cervello sarà rimasta allo non è andata abbastanza oltre lo stadio infantile...): la sua amigdala verrà così eccitata come per l’orgasmo ...
Se per vari motivi, la carenza di specifici neurormoni non si avranno favorito lo sviluppo delle strutture neuropsichiche dell’”adultità”, gli effetti nefasti si potranno registrare perfino in puerpere che non solo non provano alcun sentimento materno, bensì, addirittura, ostilità verso il loro prodotto del concepimento: probabilmente perché il loro apparato neuro-psichico rimane in balia di risentimenti da invidia e gelosia repressi nei confronti di chi, a suo tempo, le avrà sottratto cure parentali da cui ancora dipendeva simbioticamente.
Pier Luigi Lando

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