Un ministro non può ignorare
il principio costituzionale della laicità dello Stato.
La crisi di Governo del 20 agosto u. s. sembra essere stata causata
soprattutto dal desiderio di Salvini di occupare la poltrona di Premier.
Infatti, subito dopo le elezioni del Parlamento Europeo del 26 maggio i
parlamentari leghisti hanno ostentato il braccialetto “Salvini Premier”. La crisi
di Governo, quindi, era in incubazione da circa tre mesi.
Da un’analisi più approfondita, però, emerge il fatto che la Bestia
(macchina social della Lega) si era scatenata fin dal 1° giugno 2018, giorno in
cui si insediò il Governo Conte. Fin da allora, veniva proposta una strana
riforma costituzionale imperniata sulla “Agorà-crazia” (cioè, la sovranità
appartiene alla piazza).
Poi, sulla base di sondaggi che lo vedevano in crescita di consensi,
Salvini (davanti ad una telecamera) ha chiesto “pieni poteri”, dando per
scontate le imminenti elezioni anticipate del Parlamento e confidando in una
vittoria elettorale intorno al 40 % dei
voti. Ma il 23 agosto ha dovuto mitigare l’euforia delle piazze e fare
retromarcia sulla crisi di Governo. Troppo tardi, perché la crisi era già
ufficializzata. Questo è il desolante quadro politico che emerge in questi
giorni.
Va evidenziato un altro scenario preoccupante: un Ministro degli
Interni bacia il rosario in piazza Duomo
a Milano e nell’aula del Senato, ostentando pubblicamente i simboli religiosi.
Il suo scopo sembra essere quello di spaccare il fronte dei cattolici e di accusare
la Santa Sede di aver incoraggiato un’accoglienza fuori controllo di migranti,
causando disordine pubblico e tensioni razziste.
Un fatto è certo: nonostante la chiusura dei porti marittimi alle navi
delle ONG la “Questione migratoria” è rimasta insoluta. Ed ecco il punto nodale
da sciogliere. L’accoglienza dei migranti va disciplinata con leggi idonee e va coordinata con la
Commissione dell’Unione Europea. E’ questa lacuna normativa che ha provocato il
Disordine Pubblico e che è la causa della tragedia dei profughi che muoiono nel
mar Mediterraneo.
Tutto ciò premesso, c’è un’altra grave questione da evidenziare. Tutti i
cittadini (specialmente il Ministro degli Interni) hanno il dovere di
rispettare il principio costituzionale della laicità dello Stato. Chi
strumentalizza i simboli religiosi per finalità elettorali non solo vìola questo principio ma
soprattutto svilisce la sacra interiorità della fede individuale.
Nella Storia italiana contemporanea abbiamo assistito a reiterate
violazioni del predetto principio.
Qualche esempio?
Nelle campagne elettorali degli Anni ’50 il gesuita padre Lombardi
(definito giornalisticamente “il microfono di Dio”), il prof. Luigi Gedda (il
“capitano dei Baschi Bianchi” dell’Azione cattolica) e tanti altri politici
clericali hanno chiesto voti per la Democrazia Cristiana strumentalizzando i
sentimenti religiosi degli elettori. Il loro fanatismo integralista era giunto
perfino a coniare il sacrilego motto “Nel
segreto dell’urna Dio ti vede, Stalin no”. I milioni di voti dati ai
“bigotti prestati alla Politica” erano il frutto dell’ingenuità di molti
elettori. Erano voti carpiti in mala fede dai “furbastri di sacrestìa”.
Il Movimento Salvemini stigmatizza tutti coloro che chiedono voti
ostentando pubblicamente simboli religiosi.
Ripropone l’inderogabile necessità di tenere distinta la Politica dalla
Religione.
Ribadisce il valore della
separazione dello Stato da tutte le Chiese, nel reciproco rispetto delle
proprie competenze.
Esorta a rammentare l’inequivocabile
monito di “dare a Cesare quel che è di
Cesare e a Dio quel che è di Dio”.
28 agosto 2019. Il
Consiglio Direttivo del Movimento Salvemini
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